Il tessuto è un manufatto che nei secoli è stato utilizzato non solo per la creazione di abiti e costumi, ma anche per una vastissima gamma di altri oggetti: arazzi, striscioni, tappezzerie di mobili interni, stendardi, farsetti, vele navali etc. Questi manufatti rappresentano una preziosissima testimonianza della storia dell’uomo antica e moderna. Raccontano di storie sociali, dei commerci internazionali, del progresso agricolo, di quello tecnologico e delle tendenze di moda.

Il tessuto è molto delicato, infatti è composto principalmente da materiali organici che si decompongono naturalmente con il passare del tempo. Invecchiando, si verifica un infragilimento delle fibre e un indebolimento strutturale a causa di alcuni processi chimico-fisici naturali che però possono accelerare vistosamente in caso di malconservazione.

Di tessuti ne conosciamo molti, tanto che alcuni sono in uso da millenni. Probabilmente le prime fibre ad essere state filate sono quelle dei semi di cotone e le fibre dello stelo del lino, inizialmente lavorato nell’antico Egitto e poi diffusosi largamente in Europa. La storia del cotone inizia invece in Asia e nell’America centrale oltre 7000 anni fa, mentre in Europa la sua popolarità è aumentata molto più tardi. Per quanto riguarda la filatura di fibre animali, in Mesopotamia quelle della lana è avvenuta 6000 anni fa, mentre in Cina, quelle della seta, all’inizio del terzo millennio a.C.

La rivoluzione chimica del secolo scorso ha poi generato filati sintetici come il nylon, il poliestere e l’acrilico, che hanno affiancato i tessuti naturali e costituiscono oggi gran parte del mercato tessile insieme alle fibre di cellulosa rigenerata come il rayon di viscosa. Ma la ricerca tecnologica non è certo finita: è di pochi anni fa la notizia della creazione di un nuovo filato a base di grafene (una struttura di atomi di carbonio disposti a nido d’ape) che promette un’evoluzione epocale dell’industria tessile. Visto il breve periodo trascorso dalla loro invenzione, è comunque ancora troppo presto per avere una chiara visione dei processi deteriorativi delle fibre sintetiche.

 

Composizione e caratteristiche del lino

Ma tornando a quelle antiche, perché sono così fragili? Quali sono i processi che portano al loro deterioramento? Cosa influisce sul loro stato di conservazione?

Per sensibilizzare al tema della conservazione preventiva, in questo articolo si vuole dare una generica risposta a questi quesiti iniziando da una delle fibre sopracitate, quella nota soprattutto per la sua resistenza: il lino.

Le fibre di lino si ottengono dalla lavorazione della varietà di lino “Linum usitatissimum”, e sono composte prevalentemente da pareti cellulosiche attorno ad un lume cavo. In particolare, le pareti cellulari sono costituite per l’80% da polisaccaridi, dal 2% da lignina, e in quantità minori da proteine, pigmenti, cere e minerali. La componente polisaccaride è rappresentata da cellulosa (64%), emicellulose (17%) e pectine (2%).

Per quanto riguarda la cellulosa, è la struttura della catena da essa composta (straight chain) a permettere una pronta interazione attraverso il legame a idrogeno tra le catene adiacenti, conferendo una forte attrazione intermolecolare che si traduce in un elevato grado di resistività chimica.

Regioni ben ordinate di cellulosa (conferenti resistenza al materiale) sono intervallate da aree in cui l'ordine del polimero si scompone completamente: queste ospitano componenti aggiuntivi come emicellulose, pectine e lignina e sono responsabili dei comportamenti viscoelastici e plastici.

Nonostante l'elevata resistenza delle fibre, inevitabilmente anche il lino si deteriora gradualmente per cause naturali perdendo le sue proprietà col passare del tempo. Il degrado dei componenti costituenti influisce sulle prestazioni meccaniche, ma in misura diversa e attraverso meccanismi diversi. Ad esempio, i componenti cellulosici sono suscettibili a processi di degradazione di tipo termico e chimico (attacco acido, fotolisi, metabolismo microbico e fungino etc.).

La conservazione preventiva

Corrette condizioni di umidità sono fondamentali affinché venga mantenuto quanto più allungo possibile il carattere strutturale originale delle fibre. Con una umidità relativa del 45-65% (indicata anche con RH – “Relative Humidity”), l'acqua agisce come plastificante nelle regioni amorfe, interrompendo i legami di idrogeno tra le catene. Senza quest'acqua, la fibra sarebbe fragilissima con una “temperatura di transizione vetrosa” (temperatura al di sotto della quale un materiale amorfo si comporta da solido vetroso) al di sopra della temperatura ambientale. Ciò significa che il materiale assumerebbe comportanti “vetrosi” già al di sopra delle temperature ambientali.

Ma anche un eccesso di umidità non preserva le fibre da problemi conservativi: l'elevata umidità comporta rigonfiamenti che possono essere dirompenti, specialmente per le fibre di tessuti antichi. Inoltre, l'apertura della struttura favorisce l'ingresso di inquinanti e sali che danno inizio ad altre reazioni. Questi, cristallizzando, sono causa di ulteriori rotture. Infine, condizioni eccessivamente umide, favoriscono la crescita di muffe e di deterioramenti legati all’attività biologica.

Condizioni secche (RH 30%) favoriscono reazioni tra catene vicine, creando nuovi legami e di conseguenza favorendo il restringimento (srinkage) della struttura, fragilità e perdita di flessibilità.

La presenza di lignina ed emicellulosa modera entrambi questi processi: la prima aiuta a resistere al gonfiore grazie alla sua idrofobicità e alla sua funzione strutturale, mentre la seconda trattiene l’acqua con le sue catene ramificate e la sua struttura altamente amorfa.

L’ossidazione è un altro importantissimo processo aggravato dalla temperatura, inevitabile anche a temperature ambientali normali e che viene particolarmente accelerato con l’aumentare di questa. La temperatura infatti promuove le reazioni con i radicali liberi, incrementando fenomeni quali la reticolazione, la scissione e lo scolorimento.

La cellulosa è suscettibile all'attacco di una vasta gamma di agenti chimici e soccombe principalmente all'idrolisi acida o alcalina.

Anche la luce influenza notevolmente la conservazione delle fibre dei tessuti. Soprattutto è la radiazione ultravioletta a promuovere processi degradativi tra cui: la fotolisi diretta, l'ossidazione fotochimica e radicale la degradazione sensibilizzata. Questi processi vengono accelerati dalla presenza di umidità e catalizzatori come i coloranti e i mordenti di metallici. Ne conseguono depolimerizzazione e formazione di specie acide che favoriscono la decolorazione. Tuttavia, quest’ultime, grazie alla loro solubilità possono essere facilmente lavate via dai tessuti.

I microrganismi che si nutrono di cellulosa espellono enzimi per rompere il polimero. Tale processo metabolico crea sottoprodotti come il perossido di idrogeno e gli acidi organici che creano ulteriori reazioni e danni. Anche le emicellulose e le pectine sono soggette alla degradazione biologica, tuttavia, la lignina sembra mostrare una certa resistenza.

L’invecchiamento delle fibre come lino si traduce spesso in prodotti di degradazione acidi. Tali acidi possono essere forti (ad esempio quelli derivanti da inquinanti atmosferici) o deboli (come gli acidi carbossilici che sono componenti naturali di fibre vegetali o generate da deterioramento ossidativo). Stimare il contenuto di acido può essere quindi rivelatorio per conoscere l’attuale stato di conservazione.

Necessaria è anche la conoscenza delle caratteristiche meccaniche che nel tempo hanno subito inevitabili mutamenti. Queste possono essere conosciute attraverso test meccanici, fondamentali per decidere quali misure di conservazione adottare, come maneggiare il tessuto e come esibirlo in futuro affinché si mantenga in piena sicurezza.

Tornando agli interrogativi che ci siamo posti in questo piccolo approfondimento, essi andrebbero rivolti non solo per ciascuna categoria di tessuti, ma ad ogni caso studio, in quanto un manufatto tessile spesso non è formato dalla sola componente tessile, ma da una complessa combinazione di più materiali che interagiscono sia tra di loro che con l’ambiente; il che fa sì che la storia del loro invecchiamento sia sempre molto particolare.

Eda Murtic
Art Care Expert

Articolo disponibile su LeadershipMedica

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